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Rosanna Rossi
Opere 2002/2009
Testo di Lea Vergine
LUOGO DI ESILIO E DI PIENEZZA
Rosanna Rossi si da fuoco e si liquefa come cera.
Non so dire perché. Bisogna guardare i suoi
dipinti, gli acquerelli, le xilografie, gli oggetti. Vive in
un luogo di esilio e di pienezza e guarda con occhi
voltati verso il didentro. Fa della pittura
astratta perché in essa trova la sua libertà; e la
fa senza ombra di compiacimento descrittivo,
senza smarrire una sola possibilità di energia,
componendo forme ed elementi tesi, molto spesso, ad una progressiva rarefazione del colore;
consumando, insomma, la fisicità di un quadro,
un vero e proprio atto vitale. Non c'è severità
dolente, né vegetazioni del sogno - come si rintraccia in molti pittori astratti - c'è invece una
meditazione pacificata e felpata insieme alla perizia
del fare.
Prendiamo la tela del 2007/2008, "Forma-sonata",
un quadro tutto interiore, circoscritto ad una
atmosfera di raccoglimento e di singolare purezza
coloristica.
Certo, sono materializzazioni di stati d'animo.
Negli ultimi anni, si è lasciata sedurre dal reinventare la realtà attraverso gli oggetti d'uso. I
cocci di bottiglie disposti sulle traversine di ferro; le
spazzole sul cerchio di compensato; ancora cocci
di bottiglie su un grande disco e altri ingabbiati in una sorta di costruzione totemica;
assemblagès di guanti di gomma bianchi e neri; pagliette abrasive a costituire una forma circolare.
Il tutto cominciò negli anni '90 con le lane d'acciaio srotolate su di una grande tela e intitolate
"Mare di ferro".
Come i pittori veri, la Rossi ha la capacità di
identificazione e metamorfosi ma anche quella di
evocare nello spettatore variazioni all'infinito.
Talvolta ha un ardore da mistica - e una furia -;
si sa che la mistica è un'esperienza fisica, un
fare che sale dal corpo. Ecco, quello che
occhieggia sotto una mitezza apparente nelle tele
di colei che vive in un luogo di esilio e di
pienezza.
Foto: Marina Sasso
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